“Sì nonno, lo faccio. Saluto sempre.”
“E ti ricordi di ringraziare con un biglietto dopo un invito a cena?”
“Me lo ricordo, ma adesso i biglietti non si usano più nonno. Invio un messaggio con il telefonino.”
Allora lui guarda un punto lontano e se seguo il suo sguardo arrivo alla vela di una barca che scivola tranquilla sull’acqua.
“Si regalano ancora i fiori alle donne?” mi chiede.
“Qualcuno lo fa. Non molti però” rispondo.
“Quand’è l’ultima volta che ne hai ricevuti?”
“Non me lo ricordo nonno” dico alzando le spalle “Ma non importa” concludo.
“Importa e come. I gesti gentili sono importanti. Tua nonna mi metteva fiori secchi di lavanda tra i fazzoletti nel cassetto. Così pensavo a lei pure quando ero raffreddato. È la gentilezza che fa l’amore. Se con gli altri sei educato, devi esserlo ancora di più con chi ami”
Gli poggio la mano sul braccio e lui gira il volto verso di me. Ha gli occhi lucidi. Forse è un po’ confuso. Non lo capisce questo nuovo mondo e io non ho voglia di mentirgli.
Però mi porto la sua mano sul viso e resto contenta e grata di quella carezza.
Poi gli dico “Nonno. Io sono una persona educata e gentile ed è soprattutto per merito tuo”
Mi fa cenno di sì con la testa e poi mi indica il vulcano oltre il golfo “Quello lo chiamate ancora Vesuvio, vero?”
E giù a ridere insieme.
Un minuto ancora abbiamo “Nonno, lo sai che quando verrò tu devi essere qui ad accogliermi!”
“Picciré, io non mi muovo da qua. Fai quello che devi fare e poi vieni”
Sento il profumo del gelsomino e della sfogliatella calda, la sua mano è sulla mia. Chiudo gli occhi e vado a fare quello che devo ancora fare in questa vita.
Con gentilezza e amore.
Poi tornerò qui.
Da lui.