Oltre la bellezza e l'imponenza, è la storia che lo accompagna ad affascinare; il lato romantico di chi e perché volle tanta maestosità.
Fu costruito in ricordo di una donna, a testimonianza di un grande amore da Shāh Jahān, imperatore in India dal 1628 al 1658, appartenente alla stirpe islamica dei Moghul.
Amava una vita di piaceri e agi e molte furono le spedizioni per il desiderio di conquista e altrettanti furono gli edifici imponenti e sfarzosi, dai costi incalcolabili, lasciati a testimonianza della sua ricchezza.
La costruzione del Tāj Mahal, letteralmente “Palazzo della Corona”, e capolavoro senza eguali, ebbe inizio nel 1632, come mausoleo in memoria della moglie Mumtāz Maḥal (nata Arjumand Bānū Bēgum), in seguito alla sua morte dopo aver dato alla luce una bambina, mentre seguiva il marito in una campagna militare nel sud dell’India.
I lavori per il Tāj Mahal continuarono senza interruzione per circa ventidue anni e richiesero oltre 20.000 lavoratori provenienti dall’India, dalla Persia, dall’Europa e dall’Impero ottomano, insieme a oltre 1.000 elefanti. In base alle ipotesi più accreditate, il Taj Mahal fu ideato e progettato da Ustad Ahmad Lahori, architetto persiano, ingaggiato dall’imperatore Shah Jahan per la progettazione di altri importanti costruzioni.
Sorge all’interno di un grande giardino a pianta quadrata, forma preferita dall’architettura islamica e simbolo della perfezione divina, con il quale venne concepito e poi realizzato ogni elemento architettonico; spiccano, infatti, l’estrema simmetria ed il rigore geometrico.
La commissione di diverse maestranze ed artisti persiani, indiani e pakistani ha fatto in modo che lo stile indiano e persiano (rispettivamente le nazionalità dell’Imperatore e di sua moglie) si fondessero in uno stile davvero singolare.
I candidi toni dei marmi utilizzati ricordano il colore bianco, legato al lutto e, grazie alle inclusioni scintillanti della pietra, l’intero edificio cambia cromia nelle diverse ore del giorno, passando dal beige al rosa. E poi il tufo rosso, pietre rare quali la giada e il cristallo ma anche il turchese, i lapislazzuli, il crisolito nonché le conchiglie, il corallo e la madreperla.
All’interno del Tāj Mahal si può vedere il cenotafio di Mumtāz Maḥal, al centro esatto della struttura ma la vera tomba (dove dopo venne deposto anche l’imperatore) si trova in una cripta nella parte sottostante non visitabile dal pubblico.
Quando la tomba venne terminata l’imperatore adagiò sul feretro della moglie i diamanti più preziosi del suo tesoro e fece stendere sul sarcofago un mantello di perle. Il sepolcro fu poi circondato da una balaustra d’oro e i pavimenti dell’intera stanza furono ricoperti da pregiatissimi tappeti di fattura persiana e moghul. Centinaia di candelabri d’argento e altrettante lampade d’oro furono appesi alle pareti e la porta d’ingresso fu arricchita di un cancello d’argento massiccio.
I mosaici di pietre preziose che ricoprono i due sepolcri sono considerati tra i più belli del mondo e la vivacità dei colori degli stessi contrasta con la sobrietà dei disegni calligrafici delle pareti superiori.
Di tutti questi tesori, depredati durante le razzie che accompagnarono la fine dell’era moghul, rimane, purtroppo, molto poco.