Dipinto di Anne Marie Zilberman |
"Le lacrime sono lo sciogliersi
del ghiaccio dell'anima.
E a chi piange
tutti gli angeli sono vicini."
Hermann Hesse
Ognuno di noi ha pianto.
Una volta, più volte... troppe volte.
Lacrime che continuano a scendere giù ma,
più realisticamente parlando, non sono solo gli occhi a piangere ma anche il cuore.
Un cuore ferito che sempre, in quei momenti, non capisce che quanto accaduto non è poi la fine del mondo ma l’inizio di qualcosa di nuovo e forse, chissà, qualcosa di migliore.
Si piange per dolore, angoscia, tristezza, delusione...
Si piange perché qualcosa è cambiato. Qualcosa più o meno grave, piu o meno importante, più o meno rimediabile.
Si piange perché sembra la cosa più facile e possibile da fare.
Si piange quasi fosse un abbraccio con noi stessi, per consolarci, sfogarci e cacciare fuori sconforto, disperazione, frustrazione, rabbia, rancore...
Non si intende il pianto di gioia, di felicità, di empatia dove, in questo caso, sarebbe un pianto tinto di rosa.
Si intende, invece, il pianto nel momento di buio, quello tinto di nero, quando più vengono giù lacrime, più si ha la sensazione che vengano via brandelli di cuore.
È una sofferenza immensa.
Altri, invece, non riescono a piangere. Non viene giù neppure una lacrima. Il dolore paralizza e consuma. Crogiolarsi nel proprio dolore, nell'annullarsi, nel farsi del male è l'unica cosa che si vuole.
No! È necessario piangere.
È uno sfogo purificatorio e rasserenante che permette poi di vedere e comprendere fatti e sentimenti in modo più chiaro e più giusto; consci che un atteggiamento più razionale ci aiuterà a superare quel momento dove sembra che non ci sia via d'uscita.
Un sano pianto liberatorio che aiuterà.
Potrebbero passare giorni e giorni, pianto dopo pianto ma si arriverà comunque ad accettare, seppur con dolore, quel nuovo stato di cose, si arriverà a convivere, nostro malgrado, con giornate non più le stesse perché qualcosa è cambiato.
Cosa fare se non cambiare atteggiamento, cambiare animo ed emozioni?
Cosa fare se non cercare di uscire da quel tunnel oscuro, opprimente, dove purtroppo non è un brutto sogno ma è tutto vero, tutto reale?
Cosa fare se non raggiungere consapevolezza e pace?
Il tempo. Sarà il tempo a venire in nostro aiuto anche se tra silenzi, tristezza, angoscia e tante, tante lacrime.
Quante volte il "dopo" ci ha fatto vedere tutto da un'altra prospettiva.
Si accetta, e nel "dopo e nuovo" si apre un nuovo capitolo della nostra vita. Resteranno i ricordi di quel passato oppure si dimenticano, dipende, ognuno sa cosa salvare e cosa no, cosa portare nel cuore e cosa no.
In fondo è così la vita.
E la vita spesso ci presenta situazioni nuove ancora interessanti e stimolanti.
Quante volte molte cose si sono poi rivelati migliori?
Ci sentiamo ripetere sempre che "tutto accade per una ragione".
Quante volte abbiamo preso atto che la vita, in realtà, ci stava facendo un regalo?
Quante volte, dopo pianti e senza più lacrime, abbiamo gridato "ora basta!" pronti a quel cambiamento, messo in atto, necessario e salvifico?
In psicologia è "resilienza", cioè la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà, riorganizzando in maniera positiva la propria vita.
Nuove opportunità, quindi, lasciando indietro quanto accaduto e capendo che bisogna chiudere quella finestra per aprire una "porta nuova" su orizzonti più sereni e, perché no, su progetti rinnovati e straordinari.
In fondo piangere fa parte di ciò che ci rende umani; fa parte della nostra vita. Per quanto amari possano essere quei momenti, dobbiamo considerare pianti e relative lacrime medicamenti provvidenziali.
Resteranno solo un brutto ricordo, attraverso i quali si è fatto una necessaria, utile e provvidenziale esperienza nella sfera emotiva.