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18 aprile 2011

Se il “miglioramento” genetico del grano ha permesso di aumentare le rese, sono purtroppo aumentate anche i disturbi digestivi, le allergie e le intolleranze alimentari.


È il grano, più di qualunque altro cereale, ad avere un posto di eccellenza sulla tavola degli italiani. Ed è con farina di questo antico e prezioso alimento, dono indiscusso della terra, che si soddisfa il bisogno alimentare primario dell’uomo.

Alimento apprezzabile per l’aspetto nutrizionale e culturale, non lo è da meno sotto l’aspetto agricolo ed economico. Purtroppo negl’ultimi decenni si ritiene possa esserci una correlazione tra consumo di prodotti con farina di grano e lo sviluppo di vari problemi digestivi, quali gonfiore e coliche addominali, ma anche di intolleranze ed allergie.

Purtroppo la causa si può attribuire alla modificazione genetica a cui vengono sottoposti gli alimenti. E l’aumento dell’incidenza della celiachia sembrerebbe, altresì, essere collegata a questi interventi: la modificazione della frazione proteica del grano determinerebbe anomale reazioni, risultando così difficile da digerire, e spiegherebbe l’insorgenza dei disturbi; frazione proteica responsabile, quindi, anche dell'enteropatia infiammatoria e conseguente malassorbimento, caratteristico della celiachia.

Il grano è solo uno dei tanti alimenti soggetti a trasformazioni, dovute per rispondere alle maggiori richieste per coprire il fabbisogno alimentare della popolazione, per le esigenze di produzione e per assicurare una maggiore resistenza genetica ai parassiti, alle malattie fungine e virali…; più prodotto, quindi, in tempi brevi, a basso costo e di maggiore qualità.

Ma quest’ultima tesi sembra essere messa in discussione se vi è una evidente criticità: possibili impatti sulla salute dell’uomo e sicurezza del cibo, possibili rischi di allergie, tossicità derivanti da nuove proteine e possibili cambiamenti del contenuto nutrizionale. Per semplificare ed accelerare i processi di produzione del pane e della pasta si usano farine addizionate di glutine. Se il pane rafferma, si può ovviare con piante che producono chicchi con amido trasformato.

Si toglie, si aggiunge, si modifica secondo le esigenze e i desideri dei colossi dell’industria alimentare, delle multinazionali o per le richieste di mercato.
Poco importa se il ciclo di produzione viene compromesso, insultato, o se è danneggiata la naturale composizione dell’alimento o dei principi nutritivi stessi.
Quando la forte concimazione a base di nitrati, tendeva a fare piegare le spighe di grano (allettamento), già di per sé troppo alte e fragili all’azione del vento e della pioggia, fu necessario intervenire in qualche modo.

Non solo produzione di ibridi a questo punto, ma un intervento più rilevante, quale l’esposizione a raggi gamma per ottenere un grano più basso (nano), più produttivo e con più glutine. Dal tipico grano duro denominato “Cappelli”, nacque il grano “Creso”,  e dalla farina dei suoi chicchi vengono preparati, oggi, la maggior parte dei prodotti a base di farina di frumento.

Il consumatore, attento alla propria salute non può fare altro che scegliere quelle varietà non manipolate, poco diffuse sul territorio, dicasi di “nicchia”, quali la varietà Senatore Cappelli (varietà “eletta”selezionata prima dell’era della manipolazione), il kamut o il farro; cereali ottenuti ricorrendo al metodo biologico o a quello biodinamico, dove la qualità superiore del prodotto, si ripercuote su una pregevole panificazione, un ottimo gusto e digeribilità.
Non resta, poi, che auspicarci ulteriori e più attente indagini epidemiologiche e scientifiche a riguardo.