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10 settembre 2010

Gioacchino Murat




Re di Napoli (1808) 
e generale francese.  
Di bella presenza,
 alto, occhi azzurri 
e lunghi capelli neri.


Elegante nella sua uniforme. Ricco, potente, dal temperamento audace, forte ed ambizioso, marito di Carolina, sorella minore di Napoleone Bonaparte.
Fu fucilato a Pizzo Calabro il 13 ottobre 1815.
Non importa se valoroso condottiero, o no, se arguto stratega militare, se coraggioso, ambiguo, oppure no. 
Se libertino, o marito fedele e padre affettuoso.
Resta un Murat “tenero e struggente” in questa ultima lettera alla famiglia.


Mia cara Carolina,
l ’ora fatale è arrivata, vado a morire dell’ultimo dei supplizi: fra un’ora non avrai più marito, e i nostri figli non avranno più padre; ricordatevi di me e non dimenticate mai la mia memoria. Muoio innocente e la vita mi è tolta da una sentenza ingiusta.
Addio mio Achille, addio mia Letizia, addio mio Luciano, addio mia Luisa.
Mostratevi degni di me; vi lascio in una terra ed in un regno pieni di miei nemici; mostratevi superiori alle avversità e ricordatevi di non credervi più di quel che siete, sognando ciò che siete stati.
Addio, vi benedico, non maledite mai la mia memoria; ricordatevi che il più grande dolore che provo nel mio supplizio è quello di morire lontano dai miei ragazzi, lontano da mia moglie, e di non avere alcun amico per chiudermi gli occhi.
Addio, mia Carolina, addio miei ragazzi; ricevete la mia paterna benedizione, le mie tenere lacrime e i miei ultimi baci.
Addio, addio, non dimenticate affatto il vostro infelice genitore.

Pizzo, questo 13 ottobre 1815

Gioacchino Murat